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Come siamo, noi cristiani, visti e considerati dai musulmani?

Partendo dalla premessa che tutti gli europei siano “cristiani”, l’opinione islamica imputa agli Stati occidentali di aver concesso troppe libertà nella vita sociale degli individui, fino a creare una sorta di anarchia in cui, i pochi valori morali rimasti, vanno sempre più disintegrandosi.

Il “cristiano medio” è visto dagli islamici come una persona avvezza alla vendita di droga, agli abusi sessuali e alla pratica della corruzione ad ogni livello. I musulmani non rispettano quei cristiani che non praticano la loro fede o che fanno compromessi con ciò in cui credono. Quando noi cristiani ci confrontiamo con i musulmani, abbiamo la necessità di ribadire che non ha senso giudicarci tutti allo stesso modo: infatti, essere “cristiani”non significa essere nati in un Paese definito “cristiano”, poiché la maggior parte delle persone, in Occidente, non conosce affatto il cristianesimo biblico. Pertanto, è fondamentale per noi affermare che esser “cristiani” vuole dire avere una fede personale che si fonda in Gesù Cristo e nel Vangelo, ed è una scelta assolutamente libera e intelligente.

L’islam si reputa moralmente superiore al cristianesimo. Spesso i musulmani mi dicono: “Dovreste diventare musulmani. È la migliore religione che ci sia.” In che modo questa loro opinione può influenzare il nostro adattamento ad una realtà multiculturale e le nostre strategie evangelistiche?

È questo il contesto in cui viviamo e condividiamo Gesù Cristo.

Uno degli obiettivi per cui viviamo su questa terra è di essere conosciuti, accettati, rispettati ed essere ascoltati come cristiani. Questo vuole dire anche che saremo molto aperti e sinceri a riguardo della nostra relazione con Cristo e che saremo persone molto serie. Non abbiamo nessuna intenzione di diventare musulmani, anche se rispettiamo i musulmani e le loro tradizioni.

Paolo ci insegna “di non dire male di alcuno, di essere pacifici e miti, mostrando grande gentilezza verso tutti gli uomini.” Bisogna sapere e conoscere, quel minimo,  la religione dell’altro.

E inoltre dice: “Ora il servo del Signore non deve contendere, ma deve essere mite verso tutti, atto ad insegnare e paziente, ammaestrando con mansuetudine gli oppositori, nella speranza che Dio conceda loro di ravvedersi perché giungano a riconoscere la verità, e ritornino in sé, sottraendosi dal laccio del diavolo, che li aveva fatti prigionieri, perché facessero la sua volontà.” 2 Timoteo 2:24-26

Vogliamo avere una reputazione di persone integre, rette e di buoni principi morali, come dice Paolo:

“…affinché l’oppositore sia svergognato, non avendo nulla di male da dire a vostro riguardo.” Tito 2:8

Francesco Maggio

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