Come sono stati scritti i racconti del Vangelo
La limpida raccolta del Vangelo ci fa tranquillizzare!
Nel corso dei 25 anni che seguirono l’Ascensione di Gesù, la predicazione del Vangelo si basava su (a) le profezie riguardanti Gesù, tratte dalla Torà di Mosè, gli Zabur o Salmi di Davide e gli altri profeti dell’Antico Testamento e (b) i racconti degli apostoli, come testimoni oculari che le profezie erano state adempiute.
Con il tempo, lo Spirito Santo guidò i quattro evangelisti a mettere per iscritto la vita di Cristo ed i suoi insegnamenti. Ma, non più delle Sure del Corano, il testo dei Vangeli non dà indicazioni sulla data di composizione. Quindi non sappiamo esattamente quando sono stati scritti i racconti del Vangelo. Papias, al quale abbiamo già fatto riferimento in quanto collezionista di tradizioni cristiane, dichiara che Matteo fu il primo a studiare gli “oracoli” (o parole) di Gesù, che Marco scrisse ciò che gli dettava l’apostolo Pietro, che Luca fu il compagno dell’apostolo Paolo e che Giovanni scrisse il quarto Vangelo al tramonto della sua vita, a Efeso.
La storia extra-biblica ci aiuta nondimeno a stabilire una data approssimativa. Così, lo storico romano Tacito cita l’esistenza dei cristiani nel suo racconto dell’incendio di Roma nel 64, sotto il regno di Nerone. Egli scrive:
Nessun mezzo umano, né liberalità principesca, né cerimonie religiose espiatorie, facevano indietreggiare la voce infamante secondo la quale l’incendio era stato ordinato da Nerone. Così, per farla tacere, egli attribuisce come colpevoli e infligge tormenti raffinati a coloro che erano detestati per le loro abominazioni e che la folla chiamava cristiani. Questo nome deriva loro da Cristo, che, sotto il principato di Tiberio, il Procuratore Ponzio Pilato aveva consegnato al supplizio; repressa sul momento, questa detestabile superstizione penetrò di nuovo, non soltanto in Giudea, dove era nato il male, ma anche a Roma (evidenziato dall’autore).
Dalle parole stampate in grassetto risulta chiaramente che Tacito e i Romani sapevano bene che Gesù era stato crocifisso sotto Ponzio Pilato, come lo afferma il Vangelo. Per giunta, Tacito conferma la violenta persecuzione che Nerone scatenò contro i cristiani.
Secondo la tradizione, Pietro e Paolo furono fra le vittime di questa persecuzione. Poiché Luca non tiene conto di questa persecuzione, né della morte dei due apostoli alla fine del suo libro, gli studiosi cristiani evangelici ne deducono che il libro degli Atti ha dovuto essere scritto prima della persecuzione, probabilmente nel corso dei due anni che Luca passò con Paolo a Roma. Se questa ipotesi è esatta, la redazione del libro degli Atti risalirebbe agli anni 62-63. Luca avrebbe allora composto il suo Vangelo verso l’anno 60 all’epoca in cui Paolo aspettava di essere giudicato in Palestina.
I titoli a favore di Luca-collezionista
In Colossesi 4:14 Paolo dichiara: ”Vi salutano Luca, il caro medico e Dema”. Il suo titolo di medico, aggiunto alla lingua greca che egli maneggia elegantemente, indica che era una persona colta.
In due riprese almeno accompagnò personalmente Paolo, una volta in occasione del viaggio che li condusse da Troas in Turchia a Filippi in Grecia (Atti 16:10-40), un’altra volta in occasione del viaggio che Paolo fece da Filippi a Gerusalemme. Questa collaborazione si estese su diversi anni di seguito, poiché Luca restò al fianco di Paolo durante i due anni di prigionia in Palestina e durante i due anni di prigionia a Roma (Atti 20:6- 28:31).
Durante questo tempo passato a Gerusalemme e in Palestina, Luca ebbe numerosi occasioni di incontrarsi con persone che avevano conosciuto personalmente Gesù, tra le quali Giacomo, fratellastro di Gesù. Luca riporta così il suo incontro con Giacomo: Il giorno seguente, Paolo si recò con NOI da Giacomo; e vi si trovarono tutti gli anziani. (Atti 21:18, sottolineato dall’autore).
Giacomo, uno dei figli di Maria e Giuseppe, aveva senza dubbio conoscenza delle circostanze miracolose che avevano accompagnato la nascita di Gesù; sapeva ugualmente come Gesù aveva lavorato nella bottega di Giuseppe, il falegname. Luca è il solo autore a riportare la conversazione tra Gesù ed i maestri della legge nel tempio, all’età di 12 anni (Luca 2:41-50). Questo episodio della vita di Gesù gli sarà stato facilmente comunicato da Giacomo.
1 Corinzi 15:7 dichiara che dopo la sua resurrezione, Gesù si fece vedere da Giacomo. È quasi certo che quando Luca incontrò Giacomo, gli pose tante domande riguardanti questa apparizione e le parole che Gesù aveva potuto dirgli.
Oltre alla possibilità di apprendere i fatti direttamente da Giacomo, Luca avrebbe potuto interrogare Maria, se ella era ancora in vita, sulla nascita miracolosa del Messia. Poiché Luca è, di nuovo, il solo autore a citare l’incontro dell’angelo Gabriele con Maria e questa promessa:
…Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua; perciò, anche colui che nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio. (Luca 1:26-38)
Nel corso dei due anni di prigionia di Paolo in Palestina, Luca ebbe la possibilità di contattare letteralmente centinaia di persone che avevano visto con i loro occhi i miracoli operati da Gesù e sentito con le loro orecchie le parole pronunciate da Gesù. È stato in grado di interrogare parecchi tra i “più di cinquecento” che videro insieme Gesù dopo la sua resurrezione dai morti (1 Corinzi 15:6).
Sappiamo infine che Luca conosceva Marco; infatti, sono stati tutti e due presso Paolo, nello stesso periodo. È ciò che risulta dalla fine della lettera che Paolo scrisse ai Colossesi:
Vi salutano Aristarco, mio compagno di prigionia, Marco, il cugino di Barnaba… vi salutano Luca, il caro medico, e Dema. (Colossesi 4:10-14)
Secondo una tradizione (“un Hadith”) di Papias, Marco scrisse il suo racconto della vita e delle parole di Gesù sotto la dettatura di Pietro. La comparazione dei due racconti del Vangelo rivela, con una quasi certezza, che Luca conosceva l’opera di Marco e che se ne servì come una delle fonti di informazione. Forse ha ottenuto una copia del Vangelo secondo Marco dall’autore stesso, nella prigione dove Paolo era rinchiuso.
Tutte queste informazioni mostrano chiaramente che Luca aveva avuto delle eccellenti occasioni per verificare l’esattezza dei fatti riportati nel Vangelo, come Zaid ibn Thabit ed i suoi collaboratori che avevano provato l’autenticità della raccolta coranica.
Il modo di procedere di Luca
Così come ci furono numerose persone che fecero la loro propria raccolta del Corano, allo stesso modo parecchi si misero a riunire i fatti e le parole di Gesù. Nella prefazione del suo Vangelo, Luca rivela questo fatto e spiega il suo metodo:
Poiché molti hanno intrapreso a ordinare una narrazione dei fatti che hanno avuto compimento in mezzo a noi, come ce li hanno tramandati quelli che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministri della Parola, è parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dall’origine, di scrivertene per ordine, illustre Teofilo, perché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate. (Luca 1:1-4)
Luca ci informa quindi che parecchi avevano riunito le parole di Gesù così come la descrizione dei miracoli, tali come i testimoni oculari li avevano loro riportato; che questi testimoni sono diventati i “ministri della Parola”. Il termine “parola” indica Gesù, poiché egli è la “Parola di Dio” (kalimatu Allah كـَلـِمـَة الله), come viene dichiarato prima di tutto dal Vangelo, ma anche dal Corano. Luca continua dicendo che anche lui fece delle ricerche accurate (cioè che si preoccupò di trovare almeno due testimoni per i fatti e parole che riporta); alla fine, egli presentò il suo racconto in maniera ordinata in onore di un uomo di nome Teofilo.
Né Luca, né alcuna tradizione fanno allusione a “due testimoni”.
La raccolta finale del Corano e del Vangelo
Ma lo sostengo sulla base di Deuteronomio 19:15 che afferma: Un solo testimone non sarà sufficiente per condannare un uomo, qualunque sia il delitto o il peccato che questi ha commesso; il fatto sarà stabilito sulla deposizione di due o tre testimoni.
Se era indispensabile richiamarsi alla testimonianza di due persone per stabilire la verità su di un crimine umano o un’ingiuria umana, tanto più era necessario fare appello a due testimoni dal momento che si trattava della santa Parola di Dio.
Passiamo in rivista rapidamente ciò che sappiamo degli altri Vangeli.
Marco
Marco era originario di Gerusalemme e quindi poteva aver conosciuto Pietro e gli altri apostoli durante la sua gioventù. Sappiamo che più tardi si è trovato con Pietro a Roma poiché l’apostolo scrive:
La chiesa che è in Babilonia, eletta come voi, vi saluta. Anche Marco, mio figlio, vi saluta. (1 Pietro 5:13)
Per questo motivo, la dichiarazione di Papias secondo la quale Marco scrisse sotto dettatura di Pietro descrive una situazione del tutto possibile. Non sappiamo se Marco svolgeva solo la funzione di segretario di Pietro o se anche traduceva il Vangelo che l’apostolo gli dettava in aramaico, ma coloro che sono molto pratici dell’aramaico e del greco affermano:
Lo studio del suo Vangelo (di Marco) dimostra chiaramente che una gran parte dei materiali è di origine aramaica, poiché il suo greco lascia trasparire a tratti degli aramaicismi caratteristici.
Se crediamo alla tradizione, Pietro è stato messo a morte in occasione della persecuzione scatenata da Nerone nel 64 contro i cristiani. Il dott. Bucaille suggerisce che Marco avrebbe scritto il suo Vangelo a memoria, dopo la morte di Pietro; egli propone quindi la data del 70 per la redazione di questo Vangelo. Ma poiché Luca scrisse il suo Vangelo verso l’anno 60, ispirandosi al Vangelo di Marco, parecchi studiosi conservatori, in accordo con i Padri della Chiesa, come Origene, Girolamo e Clemente d’Alessandria, stabiliscono la data di redazione del Vangelo di Marco negli anni 50.
Come vedremo più in là, la scelta dell’anno 70 fatta dal dott. Bucaille non tiene conto né delle prove interne né delle prove esterne. Essa deriva da un postulato di base che si ispira alla critica delle forme, e secondo il quale l’adempimento miracoloso delle profezie è impossibile.
Matteo
Non sappiamo nemmeno quando Matteo abbia redatto il suo Vangelo. Come lo vedremo più tardi, Matteo è citato nelle lettere più antiche e negli scritti cristiani più antichi che possediamo. Papias afferma che Matteo fu il primo a mettere per iscritto le parole di Gesù.
Il Vangelo stesso ci informa che Matteo era un esattore delle tasse prima di rispondere a Gesù che lo chiamò a seguirlo. In quanto esattore delle tasse, egli doveva conoscere il latino e l’aramaico per poter tenere i rendiconti delle somme che erano dovute ai Romani; inoltre doveva senza dubbio conoscere il greco che era la lingua commerciale dell’epoca. Di conseguenza abbiamo delle buone ragioni per credere che possedeva tutte le qualifiche necessarie per riportare le parole di Gesù. In un “altro Hadith”, Papias dichiara che Matteo scrisse le logia o parole di Gesù in dialetto ebraico (aramaico).
Mentre Gesù andava di villaggio in villaggio, Matteo lo seguiva e scriveva le lezioni che Gesù insegnava. Queste note non erano certamente datate, come non lo furono le Sure del Corano. D’altronde è evidente che non aveva una grande importanza sapere quale giorno e in quale villaggio Gesù aveva pronunciato le parole “voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo 5:48).
Si pensa che più tardi, un uomo che, come Luca, aveva formato la sua collezione personale degli atti e delle parole di Gesù, si servì della materia che Marco aveva ricevuto da Pietro e tradusse in greco la raccolta di Matteo delle parole di Gesù. Egli le aggiunse ai racconti provenienti da Marco sotto forma di cinque sezioni d’insegnamento di cui la più famosa è il “Sermone sul Monte” (Matteo 5-7).
In questo sermone Gesù parla di preghiera, di digiuno, del divorzio, dell’adulterio nel cuore e degli altri atteggiamenti della vita spirituale interiore, e di uno dei comandamenti più esigenti mai dati da Dio. Gesù infatti dichiarò:
Ma io vi dico: amate i vostri nemici… e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli… (Matteo 5:44-45a)
Gesù ha obbedito a questo comandamento e l’ha compiuto perfettamente nel momento in cui ha pregato per coloro che lo crocifiggevano e disse: “Padre (Dio), perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34).
Secondo questo comandamento, è chiaramente stabilito che l’espressione “figli del Padre che è nei cieli” indica una relazione spirituale. Ogni idea di parentela fisica o carnale è esclusa.
Tra i racconti che sono specifici solo a Matteo, rileviamo l’omaggio reso dai sapienti (chiamati “magi” come i sacerdoti mazdei di Persia) venuti da Oriente a Gesù, il re della nazione giudea, che era appena nato. Noi ignoriamo se questa narrazione proveniva dalla raccolta di Matteo propriamente detta, o no, poiché non possediamo alcuna copia della collezione di Matteo, come del resto non esiste attualmente copia del Corano della collezione di Ibn Mas’ud.
Alla fine, allo stesso modo in cui alcune parole diedero il loro nome alla Sura nella quale si trovavano, così questa raccolta ricevette il nome di Vangelo secondo Matteo a causa del materiale che proveniva da Matteo.
Giovanni
Generalmente, si fissa verso gli anni 90-95 la data di redazione del Vangelo secondo Giovanni. L’apostolo era allora già molto anziano. Il Vangelo stesso non fornisce alcuna indicazione che permetta di fissare questa data. Recentemente, degli studiosi hanno proposto delle date più antiche. William Foxwell Albright, uno degli archeologi di fama mondiale per lo studio dei siti biblici, dichiara che “possiamo affermare con forza che non ci sono più oggigiorno delle valide ragioni per datare uno qualsiasi dei libri del Nuovo Testamento posteriormente all’anno 80”.
Le date proposte dal dott. Bucaille e le loro ragioni
Il dott. Bucaille cita diversi studiosi del Nuovo Testamento e pone così le date di redazione dei quattro Vangeli: Matteo nell’anno 80, Marco nel 70, Luca tra il 70 e il 90 e Giovanni negli anni 90. Notiamo che tutte queste date sono posteriori all’anno 70! Perché? Semplicemente perché è nel 70 che Gerusalemme fu distrutta, e perché Matteo, Marco e Luca avevano tutti e tre riportato la profezia fatta da Gesù della distruzione della città. Marco riporta così questo annuncio profetico:
Mentre egli usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: “Maestro, guarda che pietre e che edifici!” Gesù gli disse: “Vedi questi grandi edifici? Non sarà lasciata pietra su pietra che non sia diroccata”. (Marco 13:1-2)
Tutti gli studiosi che il dott. Bucaille ha scelto di citare sono degli adepti dell’ipotesi documentaria e della critica delle forme, teorie che abbiamo esaminato nei capitoli I e II dell’attuale sezione. Ricordatevi che i promotori di queste teorie avevano, tra i loro POSTULATI DI BASE la negazione del miracolo della profezia.
Per questa ragione, conseguentemente a questo postulato di base, essi sono obbligati a fissare la data di composizione di queste parole dopo la distruzione di Gerusalemme, quindi dopo che si erano compiuti gli avvenimenti profetizzati.
Lo ribadiamo, non c’è in alcuno dei quattro racconti del Vangelo un indizio che possa permettere di fissare la data di redazione di questi scritti. Avrebbero potuto benissimo essere scritti nel corso del decennio che seguì la morte di Gesù. Nel suo libro Redating the New Testament, John A.T. Robinson conclude che la totalità del Nuovo Testamento era già stata scritta prima della distruzione di Gerusalemme nel 70.
Il dott. Bucaille presenta, alla pagina 76 uno schema generale
Il diagramma 1 rappresenta i diversi materiali riuniti per la redazione dei racconti del Vangelo, come è stata descritta nelle pagine precedenti.
Estratto da “Il Corano e la Bibbia-alla luc della storia e della scienza” Dott. William Campbell