Disamina di Toby Leister
Ricercatori con diversi interessi accademici e teologici propongono qui teorie controverse sulla storia del Corano e dell’Islam. Cercano di re-interpretare l’Islam per il mondo moderno. Ciò che uno degli studiosi definisce una “Questione sensibile” Scritto da Toby Lester (La versione, originale in lingua inglese, on line di questi articoli è disponibile al sito web: www.theatlantic.com/issues/99/koran).
Nel 1972, durante il restauro della grande Moschea di Saana, nello Yemen, alcuni scavatori che lavoravano nella intercapedine tra il soffitto interno e quello esterno si sono imbattuti in un apparente sepolcro con rimarchevoli incisioni, anche se non se accorsero immediatamente. La loro ignoranza era scusabile, dal momento che le moschee normalmente non ospitano incisioni, e quel sito non conteneva pietre tombali, ne resti umani, ne gioielli funebri. Non conteneva infatti altro che un impasto di vecchie pergamene e documenti di carta, – libri danneggiati e alcune singole pagine di testo arabo, fuse insieme da secoli di pioggia e di umidità, rosicchiati da topi ed insetti. Allo scopo di completare i loro compito gli scavatori raccolsero i manoscritti, li pressarono in circa venti sacchetti per patate, e li depositarono in una scala del minorato associato alla moschea, dove essi giacquero, e probabilmente di nuovo dimenticati, se Qadhi Isma’il al-Akwa, allora Presidente dell’Autorità per le antichità iemenite, non si fosse accorto della potenziale importanza di quel ritrovamento. Al-Akwa per l’esame e la preservazione di quei frammenti cercò assistenza internazionale e nel 1979 fece in modo di interessare uno studioso tedesco, il quale poi riuscì a persuadere il Governo tedesco ad organizzare e finanziare un progetto per il loro restauro. Subito dopo l’avvio del progetto, divenne chiaro che quel tesoro era un favoloso esempio di ciò che qualche volta viene chiamato “incisione su carta” – in questo caso la custodia per, fra le altre cose, di decine di migliaia di frammenti di qualcosa di molto simile a migliaia di codici in pergamena del Corano, la sacra scrittura dei musulmani. In qualche circolo di musulmani devoti viene sostenuto che le copie del Corano consunte, o danneggiate dovrebbero essere rimosse dalla circolazione; di qui l’idea di una tomba che al tempo stesso preserva la santità dei testi cosi conservati e assicura che solo edizioni delle scritture incontaminate e complete saranno (nel futuro n.d.t.) lette. Alcune delle pagine di pergamena nel ritrovamento yemenita sembravano retro datare al settimo – ottavo secolo A:D., ovvero i primi due secoli dell’era islamica – essi erano frammenti, in altre parole, forse, del più vecchio Corano in esistenza. Di più, alcuni dei frammenti rivelavano piccole ma intriganti deviazioni dal testo Coranico standard. Tali deviazioni, sebbene non sorprendente per gli storici del testo (Coranico n.d.t.), seminavano molti contrasti (si potrebbe anche interpretare come zizzania) fra i musulmani cultori ortodossi, fra i quali esisteva il fermissimo credo che il Corano così come ha raggiunto i nostri giorni è realmente e semplicemente la parola di DIO; perfetta, senza tempo e immutabile. Per molti musulmani, lo sforzo laico di reinterpretare il Corano – in parte fondato su evidenze testuali, come quella fornita dai frammenti yemeniti – è disturbante e offensivo, così come il tentativo di reinterpretare la Bibbia e la vita di Gesù lo è per molti cristiani conservatori. Nondimeno vi sono studiosi, anche musulmani fra di loro, i quali considerano che quello sforzo, che essenzialmente consiste nel collocare il Corano nella storia (ovvero storicizzare n.d.t.), fornirà propellente per così dire al risveglio islamico. – una ri-appropriazione della tradizione, andare avanti per guardare meglio nel passato. Ben lungi dall’essere confinato all’argonmentare degl istudiosi, questo tipo di pensiero può non di meno essere molto potente e – così come le Historie del Rinascimento e della Riforma dimostrano – può condurre a cambiamenti sociali significativi. Il Corano, dopotutto, è attualmente, nel mondo, il testo ideologicamente più influente.
L’analisi dei frammenti
La prima persona a spendere una quantità di tempo significativa nell’esaminare i frammenti Yemeniti è stata Gerd-R. Puin, uno specialista in calligrafia arabica e paleografia Kornaica della Università Saarland di Saarbrücken, Germania. Puin, che fu inviato dal Governo tedesco per organizzare e supervisionare il progetto del restauro, riconobbe l’antichità di alcuni di quei frammenti di pergamena e una loro preliminare ispezione rivelò anche una ordinazione dei versi non convenzionale, delle variazioni testuali minori, rari stili di ortografia e abbellimenti artistici. Pure, allettanti erano i fogli delle scritture scritti con rara e primitiva calligrafia Hijazi arabica: parti della più iniziale versione del Corano di cui si conosceva l’esistenza, essi erano anche dei palinsesti – versioni chiaramente scritte sopra precedenti versioni o scolorite o lavate. Ciò che il Corano Yemenita sembrava suggerire, Puin cominciò con il sentirlo, era che si trattasse di un testo in evoluzione piuttosto che semplicemente la parola di DIO rivelata nella sua immutevole interezza al profeta Maometto nel settimo secolo A.D. Puin spiega che “Esse vogliono mantenere questo genere di cose di basso profilo, come noi, anche se per ragioni diverse” e aggiunge “ esse non vogliono che l’attenzione sia portata sul fatto che sono i tedeschi ed altri a lavorare sul Corano”. Esse non vogliono che sia reso pubblico che vi sia del lavoro fatto punto e basta; dal momento che la posizione dei musulmani è che ogni cosa che doveva essere detta o scritta sul Corano è già stata detta o scritta un migliaio di anni fa. In quegli anni solo a due studiosi fu concesso un esteso accesso ai frammenti Yemeniti; Puin e il suo collega H.C. Graf von Bothmer, uno storico dell’arte islamica pure della Università Saarland. Puin e Von Bothmer hanno pubblicato solo alcuni brevi articoli in pubblicazioni specializzate su ciò che hanno scoperto nei frammenti Yemeniti. Essi erano riluttanti alla pubblicazione di articoli, in parte perché essi si trovarono molto più implicati nella separazione classificazione dei frammenti piuttosto che nel loro esame, e poi perché temevano che le autorità yemenite, nel momento che avessero compreso le implicazioni di una tale scoperta, potessero loro rifiutarne l’ulteriore accesso. (a quel patrimonio unico n.d.t.). Von Bothmer, comunque, nel 1997 ha terminato di microfilmare più di 35.000 immagini dei frammenti, e le ha recentemente riportate in Germania. Ciò significa che molto presto Pui, Von Bothmer ed altri studiosi avranno finalmente l’opportunità di esaminare a fondo i testi e di pubblicarne le scoperte liberamente – una prospettiva che eccita Puin. “Così tanti musulmani hanno questo credo che ogni cosa tra le due copertine del Corano è proprio la parola di Dio inalterata” egli dice “Essi amano quotare come lavoro testuale prova che la Bibbia avendo una storia non è caduta direttamente dal cielo; solo il Corano è sempre stato fuori discussione. Il solo modo di penetrare in questo muro di certezze è di provare che anche il Corano ha una storia. I frammenti di Saana aiuteranno a provarlo. Puin non è solo nel suo entusiasmo. “ L’impatto dei manoscritti Yemeniti è ancora da essere percepito, “dice Andrew Rippin, professore di studi religiosi alla Università di Calgary, il quale è all’avanguardia negli studi Koranici di oggi. “la loro variante nelle letture e il relativo ordine dei versi sono tutti significativi. In ciò tutti concordano. Questi manoscritti dicono che la storia iniziale del testo Coranico è una questione aperta, molto più di quanto molti non abbiano sospettato: il testo fu meno stabile, e perciò ebbe meno autorità di quanto non sia sempre stato proclamato”.
Copiare correggendo Dio
Secondo gli standards della ricerca biblica contemporanea, la maggior parte delle questioni che sono poste da studiosi come Puin e Rippin sono piuttosto modeste; fuori da un contesto islamico, proporre che il Corano abbia una storia e suggerire che possa essere interpretato metaforicamente non sono dei passaggi radicali. Ma il contesto islamico – e la sensibilità islamica – non possono essere ignorati. “Storicizzare il Corano vorrebbe dire in effetti delegittimare l’intera esperienza storica della Comunità Mussulmana” dice il prof. di studi islamici alla Università di California a Santa Barbara E. Stephen Humphreys. “ Il Corano è la Carta della comunità, il documento su cui basare l’esistenza. E idealmente – sebbene non sempre nella realtà – la storia islamica è stata lo sforzo di perseguire e ottemperare ai comandamenti del Corano nella vita umana. Se il Corano è un documento storico, allora l’intero sforzo di quattordici secoli è effettivamente senza senso”. La visione da parte dei musulmani ortodossi del Corano quale ovvia parola di DIO, perfetta ed inimitabile nel messaggio, linguaggio, stile e forma è considerevolmente simile alla nozione fondamentalista cristiana della “Inerrabilità” della Bibbia e della “Ispirazione verbale” ancora molto comune in molti luoghi oggi. La nozione assunse la classica espressione solo poco più di un secolo fa per merito dello studioso John William Burgon. La Bibbia è niente altro che la voce di CoLui che siede sul trono! Ogni suo libro, ogni suo capitolo, ogni suo verso, ogni sua parola, ogni sua sillaba, ogni sua lettera è la diretta emanazione del Più Alto. Non tutti i cristiani la pensano in questo modo a proposito della Bibbia, comunque ed infatti, così come puntualizza la Enciclopedia dell’Islam “L’analogo più vicino nel Credo Cristiano al ruolo del Corano nel credo Musulmano non è la Bibbia, ma Gesù Cristo”. Se Cristo è la parola di Dio fatta carne, Il Corano è la parola di DIO fatta testo, e contestarne la santità o l’autorità è perciò considerato un attacco oltraggioso all’Islam – come Salman Rushide ha ben potuto sperimentare.  Nel 1994 la rivista Journal Studies in Arabic and Islam pubblicò, postumo, uno studio di Yehuda D. Nevo, della Università Ebrea in Gerusalemme, che dettagliava iscrizioni religiose del settimo e ottavo secolo A.D. su pietre del deserto del Negev, che secondo l’autore poneva “Problemi considerevoli alle spiegazioni musulmane tradizionali sulle origini dell’Islam”. In quello stesso anno, e sulla stessa rivista, Patricia Crone, una storica dell’Islam iniziale, allocata allora all’Istituto per gli studi avanzati presso la Università di Princeton, New Jersey, pubblicò un articolo nel quale argomentava che chiarire alcuni passaggi problematici nel testo del Corano sarebbe, molto probabilmente, stato possibile solo qualora si fosse abbandonata la spiegazione convenzionale di come il Qur’an è nato. E dal 1991 James Bellamy, della Università del Michigan, ha proposto nel Journal of the American Oriental Society una serie di “Emendazioni al testo del Corano “ – cambiamenti che nella prospettiva dei musulmani ortodossi significava Correggere DIO. Crone è una delle più iconoclastiche (iconoclastia è una corrente di pensiero religioso sviluppatasi nell’ambito dell’ortodossia bizantina che si opponeva alla rappresentazione di ogni forma divina mediante immagini n.d.t.) fra questi studiosi. Nel corso degli anni 70a e 80° scrisse e collaborò a molti libri – il più noto dei quali con Michael Cook dal titolo, Hagarismo: la costruzione del mondo Islamico(1977). – nei quali sollevava nuove e radicali argomentazioni sulle origini dell’Islam e sul modo di scrivere la storia islamica. Tra gli enunciati controversi dell’Hagarismo vi erano il suggerimento che il Corano venne alla luce molto più tardi di quanto ora non sia ritenuto (“Non vi è alcuna solida evidenza per l’esistenza del Corano in alcuna forma prima dell’ultima decade del settimo secoli”); che la Mecca, agli inizi, non fosse il santuario islamico (“[L’evidenza] punta senza ambiguità nella direzione di un santuario nel Nord-Ovest della penisola arabica.
La Mecca era secondaria; che la conquista araba precedette la istituzionalizzazione dell’Islam (l’immaginazione dei giudei messianici fu rappresentata nella forma di una conquista araba della Terra Santa); che l’idea della hijra, ovvero la migrazione di Maometto e dei suoi seguaci dalla Mecca a Medina del 622 A.D. possa essersi svolta molto tempo dopo la sua morte (“Nessuna fonte del settimo secolo identifica l’epoca araba come quella della hijra ); e che il termine “Musulmano” non fu comunemente usato nell’Islam degli inizi (“Non vi è alcuna buona ragione per supporre che i sostenitori dei primi tempi di questa primitiva identità si chiamassero tra di loro “musulmani” [ma] fonti fanno apparire una denominazione iniziale della comunità [che] appare in greco come “Magaritai” in un papiro del 642 A.D. e in siriano come “Magre o “Mahgraye” fin dai primi anni 640a.)
L’Hagarismo è stato immediatamente attaccato, allo stesso modo sia dagli studiosi musulmani che da quelli non musulmani, per il suo sostanziale affidamento a fonti ostili (“Questo è un libro” scrissero gli autori, “basato su ciò che da una prospettiva musulmana deve apparire una sconsiderata attenzione per la testimonianza di fonti infedeli”). Crone e Cook successivamente si sono dissociati da alcune delle loro più radicali proposizioni – come quelle, per esempio, che il profeta Maometto sia vissuto due anni più a lungo di quanto non proclami da sempre la tradizione islamica, o che la storicità della sua migrazione a Medina sia contestabile. Ma Crone ha continuato a contestare entrambe le visioni ortodosse musulmane e occidentali della storia islamica.Nel Il commercio Meccano e l’ascesa dell’Islam (1987) la Crone ha costruito una argomentazione dettagliata che sfidava seriamente la credenza prevalente tra gli studiosi occidentali (e alcuni musulmani) per la quale l’Islam sorse come risposta al commercio arabo delle spezie. L’attuale pensiero di Gerd-R. Puin circa la storia del Corano partecipa a questo revisionismo contemporaneo.
“La mia idea è che il Corano è un genere di mistura di testi che non tutti furono compresi anche al tempo di Maometto” egli dice. “Molti di loro (i testi n.d.t.) possono anche essere di cento anni più vecchi dell’Islam stesso. Anche all’interno delle tradizioni islamiche vi è un grosso corpo di informazioni contraddittorie, incluso un significativo substrato cristiano; da esse se ne potrebbe derivare una intera anti-storia islamica se solo si volesse.” Patricia Crone difende gli obiettivi di questo tipo di pensiero. “Il Corano è una scrittura con una storia come ogni altra – eccetto che noi non conosciamo questa storia e tendiamo a provocare latrati di protesta (nei musulmani ortodossi n.d.t.) quando la studiamo. Nessuno si preoccuperebbe di tali latrati se essi provenissero da occidentali, ma gli occidentali si sentono deferenti quando i latrati vengono da altra gente: Chi siete Voi per intrometterVi con la loro eredità? Ma noi islamisti non stiamo tentando di distruggere la fede di nessuno. Non tutti concordano con questa affermazione – specialmente da quando la ricerca coranica occidentale ha tradizionalmente preso posto in un contesto di un aperta e dichiarata ostilità tra il Cristianesimo e l’Islam. (Proprio il vasto movimento occidentale degli ultimi due secoli per “spiegare” l’Oriente, chiamato “Orientalismo”, è venuto a trovarsi, negli anni più recenti, nel mirino in quanto mostra analoghi orientamenti religiosi e culturali) Il Corano è sembrato, specialmente agli studiosi cristiani e giudei, possedere un’aura di eresia; l’orientalista, del diciannovesimo secolo, William Muir, per esempio contestava che il Corano è uno dei “Più irriducibili nemici della civilizzazione, della Libertà e della Verità che il mondo abbia finora conosciuto. Studiosi dell’inizio sovietico, anche, intrapresero uno studio ideologicamente motivato circa le origini dell’Islam, con uno zelo quasi missionario: negli anni 20a e 30° una pubblicazione sovietica Ateista condusse una serie di articoli che spiegavano l’ascesa dell’Islam in termini Marxisti-Leninisti. In Islam e Russia (1956) Ann K.S. Lambton compendiò molto di quel lavoro e scrisse che alcuni studiosi sovietici avevano teorizzato che “La forza motivante della nascente religione fu fornita dalla borghesia mercantile de La Mecca e di Medina “; che un certo S.P. Tolstov condusse a dire “L’Islam è un movimento social-religioso che si originò nell’ambito della società araba, non feudale, a possesso di schiavi; e che N.A. Morozov ebbe a contraddire, nel suo libro Cristo (1930), che “Fino alle crociate l’Islam era indistinguibile dal Giudaismo e….. solo poi esso ricevette i suoi caratteri indipendenti, mentre Maometto e i primi Califfi erano figure mitiche.” Morozov appare essere stato un teorico particolarmente flamboyant ( eccessivo nei toni n.d.t.): Lambton scrisse che egli (Morozov n.d.t) contraddisse ancora, nel suo libro Cristo (1930), che “Nel medio Evo L’Islam era meramente un colpo di rimando dell’arianesimo evocato dagli eventi meteorologici nel Mar Rosso e in prossimità de La Mecca” Non sorprendentemente, poi, dati gli orientamenti di molti degli studi critici sul Corano di tipo non Islamico, i musulmani sono inclini a dimetterli com un oltraggio.
Un protesta particolarmente eloquente avvenne nel 1987, nella Rivista dei libri del mondo Musulmano, in un articolo intitolato “Metodi contro la verità: Orientalismo e studi del Kur’an”, del critico musulmano S. Parvez Manzoor. Così collocava le origini della ricerca occidentale Koranica “Le paludi mediaevale del cristianesimo” e descriveva il suo stato contemporaneo come “Un cul-de-sac (vicolo cieco n.d.t.)di sua stessa costruzione”. Manzoor orchestrò un complesso e stratificato assalto all’intero approccio occidentale all’Islam. Egli aprì il suo saggio nella rabbia: (atteggiamento ispiratore del Corano stesso n.d.t.).
L’Impresa orientalista degli studi Qur’anici, qualunque siano altri i meriti o i servizi, era un progetto nato sulla ripicca, allevato nella frustrazione e alimentato dalla vendetta: La rabbia dei potenti per i miseri, la frustrazione del “Razionale” nei confronti dei “Superstiziosi” e la vendetta del “Ortodosso” contro il “non conformista”. Al culmine del suo trionfo mondiale, l’uomo occidentale coordinando la potenza dello Stato, della Chiesa e della Accademia (inteso come mondo della ricerca e della sapienza n.d.t.), ha lanciato il suo più determinato attacco alla cittadella della Fede Musulmana. Tutte le aberranti venature (striature) della sua arrogante personalità – il suo sprezzante razionalismo , la sua visione di dominatore del mondo e il suo fanatismo settario – si sono unite in una cospirazione dissacrante per sloggiare la scrittura mussulmana dalla sua trincea di epitoma della autenticità storica e inattaccabilità morale. Il trofeo finale che l’uomo occidentale ha cercato con la sua temeraria iniziativa era la mente stessa dei musulmani. Al fine di liberare per sempre l’Occidente del “problema” Islam, egli argomentava; Nella consapevolezza musulmana si deve essere fatta disperare circa la certezza cognitiva del messaggio divino rivelato al Profeta. Solo un mussulmano confuso circa l’autenticità storica e l’autonomia dottrinale della rivelazione Qur’anica abdicherebbe alla sua missione universale e quindi non porre più alcuna sfida alla dominazione globale dell’occidente.
Tale sembra, almeno, essere stato il tacito, se non esplicito, razionale dell’assalto orientalista al Qur’an. (Il Corano). Nonostante una tale resistenza (nel senso di opposizione n.d.t.), i ricercatori occidentali dai più svariati interessi accademici e teologici, proseguono, applicando allo studio del Corano le moderne tecniche della critica testuale e storica. Che un sostanziale corpo di questa cultura ora esista viene indicato dalla recente decisione dell’editore europeo Brill – un Editore consolidato dei più importanti lacori quali, La Enciclopedia dell’Islam, Elenco degli studi sul mar morto. – di commissionare la prima, da sempre, Enciclopedia del Qur’an. Jane Mc Auliffe, professore di studi islamici alla Università di Toronto , e il curatore generale dell’Enciclopedia, sperano che ciò possa funzionare da “Grosso modo analogo” alle Enciclopedie Bibliche e potrà essere “La Summa del tornante di secolo per lo stato della cultura Koranica” Attualmente sono in corso di correzione gli articoli della prima parte della enciclopedia, la cui pubblicazione è prevista per l’ultima parte di quest’anno (2001 n.d.t.).
La enciclopedia del Qur’an sarà una impresa veramente collaborativi, condotta da Musulami e da non musulmani, e i suoi articoli presenteranno approcci multipli al’interpretazione del Corano, alcuni di essi probabilmente contesteranno la visione islamica tradizionale – con ciò disturbando molti nel mondo islamico, dove il tempo per uno studio revisionista del Corano è molto meno maturo. Il situazione di Nasr Abu Zaid, un professore ala buona egiziano che siede nel consiglio di amministrazione dell’Enciclopedia, illustra molo bene la difficoltà a cui sono esposti gli studiosi musulmani che tentano di reinterpretare la loro tradizione.
“Il Corano è un testo, un testo letterario ed il solo modo di comprenderlo, di spiegarlo e di analizzarlo è attraverso un approccio letterario” dice Abu “Questa e una controversia essenzialmente teologica”. Avendo espresso queste opinioni nella stampa – nella essenza, per contraddire l’idea che il Corano debba essere letto letteralmente come inalterabile parola di DIO – Abu Zaid fu nel 1995 ufficialmente marchiato come apostata, un’ordinanza che fu confermata nel 1996 dalla più alta corte di Egitto. La Corte ha poi proceduto sulla base di una legge islamica che proibisce il matrimonio di un apostata con un musulmano, ad ordinare ad Abu Zaid di divorziare da sua moglie, Ibtuhal Yunis (Un’ordinanza che la sconvolta e felicemente sposata Yunis ha descritto in quel momento come “Schiacciare la testa con un mattone” Abu Zaid tenacemente insiste che è un Pio musulmano, ma contesta che il contenuto manifesto del Corano – per esempio, la legge arcaica circa il trattamento delle donne frequentemente applicata nell’Islam è infame – è molto meno importante del suo più complesso, rigenerativo e spirituale contenuto latente. La opinione islamica ortodossa, sostiene Abu Zaid, è stolti facente; essa riduce un divino, eterno, e dinamico testo ad una interpretazione umana fissa con senza ulteriore vita che “ un gingillo…….un talismano………o un ornamento”.  Ancora per un certo tempo Abu Zaid rimase in Egitto cercando di confutare le accuse di apostasia, ma di fronte allem inacce di morte, e all’ostracismo pubblico senza sosta fuggì con sua moglie da Il Cairo in Olanda, definendo l’intero affare “una macabra farsa. Lo Sceicco Youssuf al-Badri, il religioso le cui prediche hanno molto ispirtato l’opposizione a Abu Zaid era esultante “Noi non siamo terroristi, non abbiamo usato pallottole o fucili, ma abbiamo fermato un nemico dell’Islam dal prendere in giro la nostra religione……. Nessuno potrà neppure osare di pensare di nuocere nuovamente all’Islam. Abu Zaid sembra essere giustificato nel suo timore per la sua vita e quindi per la sua fuga: Nel 1992 il giornalista egiziano Farag Foda fu assassinato da islamismi a causa del suo scrivere critico nei confronti dei Fratelli Musulmani dell’Egitto, e nel 1994 il Premio Nobel di quell’anno, lo scrittore Naguib Mahfouz fu pugnalato per scrivere, tra altri suoi lavori, l’allegorico i figli di Galabawi (1959) – un racconto, strutturato come il Corano, che presenta una concezione “eretica” di Dio e del Profeta Maometto. Deviare dalla interpretazione ortodossa del Corano, dice l’algerino Mohammed Arkoun, un professore emerito di pensiero islamico all’Università di Parigi, è “un affare molto suscettibile” di implicazioni significative. “Milioni e milioni di persone si riferiscono, nella loro vita quotidiana, al Corano per spiegare le loro azioni e per giustificare le loro aspirazioni.
Maometto nella grotta
La Mecca è situata in un arido incavo, o vallone, tra due file di ripide colline nell’ovest della attuale Arabia Saudita. Al suo immediato occidente si trova la costa piatta e soffocante del mar rosso; verso est si stende il grande Rub’ al-Khali, o il Quarto Vuoto — il più grande corpo continuo di sabbia del pianeta. La collocazione della città è affatto invitante: la terra è secca e polverosa, è una brace sotto un sole implacabile; l’intera regione è bruciata dai venti del deserto caldi e battenti. Sebbene spesso la pioggia non cade per anni, nondimeno quando accade più avvenire in modo tanto scatenato da creare veri e propri torrenti di acqua che piombando giù dalle colline allagano il bacino nel quale si trova la Città. In quanto cornice per la rivelazione divina, l’area è somigliante in ogni sua parte alle montagne del Sinai o alla selvaggia Giudea. La sola fonte di informazione storica a proposito de La Mecca pre-islamica e sulle circostanze della rivelazione del Corano è la storia islamica classica circa la fondazione della religione, un distillato della quale segue. Nei secoli che hanno portato all’arrivo dell’Islam.
La Mecca era un santuario pagano locale di considerevole antichit. I rituali religiosi si svolgevano attorno alla Ka’ba – un reliquario, ancora centrale all’Islam di oggi, che i musulmani credono essere stato originariamente costruito da Ibrahim ( per i cristiani e i giudei Abramo) a da suo figlio Isma’il (Ismaele). Nel seso secolo A.D. con il prosperare de La Mecca anche gli idoli pagani proliferavano nelle dimensioni i nelle forme. La storia tradizionale ci dice che all’inizio del settimo secolo A.D. esisteva i quella città un Pantheon di circa 360 statue e icone che circondavano la Ka’ba (all’interno del quale furono trovati, tra gli altri idoli, resti di Gesù e della Vergine Maria). Tale era l’ambiente contro cui le prime puntate del Corano è stato detto sono state rivelate, nel 610 A.D., ad un benestante ma annoiato mercante nominato Muhammad bin Abdullah. ( più avanti nominato con il solo nome Maometto n.d.t.). Maometto ha sviluppato l’abitudine di isolarsi periodicamente dallo squallore pagano di La Mecca in una grotta delle vicine montagne, dove avrebbe meditato in solitudine. Durante una di queste ritirate fu visitato dall’Arcangelo Gabriele – l’angelo molto somigliante a colui che a Nazareth 600 anni prima annunciò alla Vergine Maria la venuta di Gesù. Aprendo con l’ordine “Recita”, Gabriele rese noto a Maometto che egli doveva servire come messaggero di DIO. Successivamente, fino alla sua morte, Maometto, presunto analfabeta, ricevette attraverso Gabriele rivelazioni divine in Arabo che furono poi note come qur’an (“recitazione”), le quali annunciarono in una forma intensamente poetica e con stile retorico, una nuova stigma (ho ritenuto di tradurre “brand” in questo contesto, con il termine stigma, proprio ad indicarne l’irrisolta ambiguità delle rivelazioni n.d.t.) di monoteismo e senza compromessi noto come Islam , o “sottomissione” (alla volontà di DIO). Maometto riportò verbalmente queste rivelazioni a membri simpatizzanti della sua famiglia e ad amici, i quali o le memorizzarono o le trascrissero. I potenti Meccani cominciarono presto a perseguitare Maometto e la sua piccola compagnia ( ho tradotto la parola “band” con “compagnia” per non ingenerare ambiguità con musicanti e persone do malaffare n.d.t.) di devoti seguaci, la cui nuova fede rigettava il nucleo pagano della vita culturale ed economica de la Mecca, con il risultato che nel 622 A.d. il gruppo migrò a circa 200 miglia a nord, nella città di Yathrib, la quale successivamente divenne nota come Medina (contrazione per indicare Medinat al-Nabi, o la città del Profeta). (Questa migrazione, nota nell’Islam come la hijra, è considerata marcare la nascita di una comunità islamica indipendente, e il 622 A.d. è il primo anno del calendario islamico). In Medina, Maometto continuò a ricevere rivelazioni divine, di natura progressivamente sempre più pragmatica e prosaica, e nel 630 A.D. egli ebbe sviluppato un supporto sufficiente nella comunità medinese per attaccare e conquistare La Mecca. Egli spese gli ultimi due anni della sua vita nell’opera di proselitismo e di consolidamento del potere politico, continuando nel contempo a ricevere rivelazioni. La tradizione islamica vuole che quando Maometto morì, nel 632 A.D, le rivelazioni Koraniche non fossero raccolte in un singolo libro; esse erano registrate solo “su foglie di palma o su pietre piatte e nei cuori degli uomini”. (Ciò non è sorprendente: la tradizione orale era forte e ben radicata, e la grammatica araba, che era scritta senza disegnare le vocali e senza i punti consonantali che sono usati oggi, serviva principalmente come aiuto alla memorizzazione). Così come l’esistenza di un tale testo non costituiva una preoccupazione primaria: Gli arabi medinesi – una improbabile coalizione di ex-mercanti, nomadi del deserto, e contadini uniti da una nuova e potente Fede e ispirati dalla vita e dai detti di Maometto – stavano in quel tempo conseguendo una serie fantasticamente vincente di conquiste internazionali nel nome dell’Islam. Nel 640 A.D. gli arabi possedevano la maggior parte della Siria, Iraq, Persia, e Egitto, e trenta anni più tardi essi erano impegnati a prendersi parte dell’Europa, il Nord Africa e l’Asia Centrale. Nelle decadi iniziali della conquista araba molti menerei della congrega di Maometto furono uccisi, e con la loro morì una parte inestimabile della conoscenza delle rivelazioni craniche. I musulmani alla sommità del loro impero cominciarono con il litigare su ciò che fosse la scrittura cranica e su ciò che non fosse. Un generale dell’esercito, al suo ritorno dall’Azerbaijanm, espresse i suoi timori sulle controversie settarie al califfo Uthman (644-656) – il terzo governante musulmano che succedette a Maometto – e è detto averlo supplicato di “sostituire questa gente prima che essi alterino il Corano nel modo che Giudei e Cristiani hanno alterato le loro scritture” Uthman radunò un comitato editoriale di persone che raccolsero attentamente i vari pezzi di scrittura che era stata memorizzata o trascritta dai compagni di Maometto. Il risultato fu una versione scritta standard del Corano. Uthman ordinò che tutte le collezioni “imperfette” e incomplete del Corano fossero distrutte, e la nuova versione fu rapidamente distribuita in tutti i maggiori centri dell’impero in rapida fioritura. Durante gli immediati successivi secoli, mentre L’Islam si solidificava sia come entità politica che religiosa, un vasto corpo di letteratura esegetica e storica si è evoluta per spiegare il Corano e l’ascesa dell’Islam, i più importanti elementi del quale sono: Hadith una raccolta di detti e di atti del Profeta Maometto; Sunna o il corpo islamico delle abitudini sociali e legali; Sira o le biografie del Profeta; e Tafsir o i commenti e le esplicitazioni koraniche. E’ da queste tradizionali fonti – compilate nella loro forma scritta principalmente tra la metà dell’ottavo secolo e la metà del nono secolo A.D. – che tutte le informazioni sulle rivelazioni del Corano vengono in modo ultimativo derivate.
Per la gente che comprende
Il Corano, all’incirca della stessa lunghezza del Nuovo Testamento, è diviso in 114 sezioni, chiamate Sura, che variano di gran lunga in lunghezza e forma. Il principio organizzatore del libro non né cronologico né tematico – per la loro gran parte le Sura sono ordinate dal principio alla fine in ordine discendente di lunghezza. Malgrado l’inusuale struttura, comunque, ciò che generalmente sorprende i principianti del Corano è il grado con cui ricalca i convincimenti e le storie che appaiono nella Bibbia. Dio (Allah in arabo ) governa supremo: Egli è la potenza-tutta, la conoscenza-tutta, e la grazia-tutta essendo colui che ha creato il mondo e le sue creature; Egli manda i messaggi e le leggi attraverso i suoi profeti per aiutare a guidare l’umana esistenza; e a suo tempo nel futuro noto solo a Lui, egli condurrà il mondo alla fine a al giorno del giudizio universale. Adamo, il primo uomo, è stato espulso dal paradiso per ave mangiato dall’albero del frutto proibito. Noè costruisce un’arca per salvare una selezione di pochi dal diluvio universale provocato dalla collera di DIO. Abramo si prepara al sacrificio di suo figlio come offerta a DIO. Mosè guida gli israeliti fuori dall’Egitto e riceve un rivelazione sul Monte Sinai. Gesù – nato dalla Vergine Maria a cui si riferisce come il Messiah – compie miracoli, ha discepoli e ascende al Paradiso. Il Corano ha molta cura nell’enfatizzare questa comune eredità monoteistica, ma al tempo stesso insiste tenacemente nel distinguersi dal Giudaismo e dal Cristianesimo. Per esempio, menziona profeti – Hud, Salih, Shu’ayb, Luqman, e altri – le cui orgini sembrano essere esclusivamente arabe, e ricorda ai lettori che esso è “Un Corano in arabo, /per gente che comprende” Malgrado le ripetute asserzioni del contrario, comunque, il Corano è spesso estremamente difficile per i lettori contemporanei – anche per oratori di elevata cultura della lingua araba – da comprendere. Esso qualche volta cambia in modo drammatico di stile , voce, e tipo di soggetto, da verso a verso e suppone una familiarità con linguaggi, storie, ed eventi che sembrano essersi persi anche per gli esegeti musulmani dei primissimi tempi. (Tipico di un testo che inizialmente si evoluto nella forma di tradizione orale). Le sue inconsistenze apparenti sono facili da trovare: DIO può essere menzionato sia in prima che in terza persona all’interno della stessa frase; in differente parti del testo vengono presentati versioni divergenti della stessa storia; Decisioni divine saltuariamente si contraddicono l’una l’altra: In questo ultimo caso il Corano anticipa le critiche e si difende asserendo il diritto di abrogare il proprio messaggio [(“Dio fa in modo di obliterare o di confermare ciò che lo compiace), (riporto comunque la frase in Inglese dell’autore poiché la sua interpretazione può non essere univoca, in qualche modo essere legata alla psicologia o all’orientamento religioso o gnostico del lettore “God doth blot out/Or confirm what He pleaseth)]. Le critiche sono arrivate. I musulmani, con il progressivo aumento dei contatti con i Cristiani durante l’ottavo secolo a caLe guerre di conquista dell’ottavo secolo portarono ai musulmani altre ad un progressivo intensificarsi dei contatti con i cristiani anche le polemiche teologiche, nelle quali i Cristiani ed altri serrarono a catenaccio la confusa condizione letterale del Corano come prova della sua origine umana. Gli stessi studiosi musulmani catalogavano fastidiosamente gli aspetti problematici del Corano – vocabolario sconosciuto, apparenti omissioni testuali, incongruità grammaticali, letture devianti, a così via. Infatti all’interno dell’Islam sorse un dibattito teologico maggiore nel tardo ottavo secolo A.D. contrapponendo coloro che credevano nel Corano come parola di DIO “concreata” e quindi eterna a coloro che credevano in esso come creata nel tempo, come qualunque cosa che non sia DIO stesso.Sotto il Califfo al-Ma’mum (813-833)questa ultima tesi per un breve periodo divenne la dottrina ortodossa. Fu sostenuta da diverse scuole di pensiero, inclusa una molto influente mota come Mu’tazilism, che sviluppo una complessa teologia basata parzialmente su una comprensione metaforica piuttosto che una semplicemente letterale del Corano. Alla fine del decimo secolo l’influenza della scuola di Mu’tazilism si dissolse, a causa di complicate ragioni politiche, e la dottrina ufficiale divenne quella di i’jaz o della “inimitabilità” del Corano. (con il risultato che il Corano non è stato tradizionalmente tradotto dai musulmani per i musulmani non di lingua araba. Al contrario esso è letto e recitato nella sua versione originale in tutto il mondo, la cui maggioranza non parla Arabo. Le traduzioni che esistono sono considerate niente altro che supporti scritturali e parafrasi). L’adozione della dottrina della inimitabilità costituì un punto di svolta nella storia dell’Islam, e dal decimo secolo A.D. ad oggi la corrente principale della comprensione mussulmana del Corano in quanto letterale e non creata parola di Dio è rimasta costante.
Vandalismo psicopatico?
Gerd-R. Puin parla con sdegno della tradizionale propensione, da parte degli studiosi musulmani e occidentali, di accettare la comprensione convenzionale del Corano. “Il Corano proclama per se stesso che è ‘mubeen’ o “chiaro” egli dice. “Ma se si guarda ad esso si noterà che ogni quinto di frase o giù di lì semplicemente non ha senso. Molti musulmani – e orientalisti – risponderanno, ovviamente, altrimenti, ma il fatto è un quinto del testo Coranico è semplicemente incomprensibile. Questo è ciò che creato l’angoscia circa la sua traduzione. Se il Corano non è comprensibile – se esso non può nemmeno essere compreso in Arabo – diventa impossibile tradurlo. La gente ha paura di questo (altro che intangibilità della parola Divina – si è mai visto un Dio che non si fa comprendere? N.d.t.) E siccome il Corano sostiene ripetutamente di essere chiaro ma ovviamente non lo è – come gli stessi oratori arabi dicono – allora vi è una contraddizione. Qualcos’altro deve in realtà succedere.” Il tentativo di capire quel “qualcos’altro” è realmente iniziato solo in questo secolo (l’autore scrive nel 1999 n.d.t.). “ Fino alquanto recentemente” Patricia Krone, la storica dell’Islam iniziale dice “ognuno prese per buono che ogni cosa i Musulmani sostengono di ricordare circa le origini e il significato del Corano e corretto. Se si fa cadere una tale assunzione, bisogna ricominciare da capo” Questo no significa coraggio, ovviamente,; Il Corano è arrivato fino a Noi fermamente fasciato nella sua tradizione storica , la quale è estremamente resistente alla critica e all’analisi. Così Crone la mette nel suo Schiavi sui Cavalli, I redattori biblici ci offrono sezioni della tradizione israelita a diversi livelli di cristallizzazione, e le loro testimonianze possono, di conseguenza, essere utilmente comparate e soppesate l’una con l’altra. Ma la tradizione mussulmana fu il prodotto, non di una lenta cristallizzazione, ma una esplosione; i primi compilatori non erano redattori, ma collettori di resti il cui lavoro era privo di unita globale in modo impressionante; e nessuna particolare illuminazione derivava dalla loro comparazione. Non sorprendentemente, data la esplosiva espansione dell’Islam iniziale e il lasso di tempo tra la nascita della Religione e i primi sistematici documenti della sua storia, il mondo di Maometto e quelli degli storici che successivamente scrissero su di Lui erano drammaticamente differenti. Durante il primo secolo dell’Islam una compagnia provinciale di nomadi delle tribù del deserto divennero i guardiani di un vasto impero internazionale dal monoteismo istituzionale che brulicava di una attività letteraria e scientifica senza precedenti. Molti storici contemporanei contendono che non ci si può aspettare Storie dell’Islam circa le sue origini – particolarmente dtata la tradizione orale dei secoli iniziali – essere sopravvissute intatte ad una tale tremenda trasformazione sociale. Nessuno può ritenere che uno storico mussulmano scrivendo in Iraq nel nono o decimo secolo A.D. abbia scartato il proprio patrimonio culturale e sociale (e convinzioni teologiche) al fine di descrivere accuratamente un contesto arabo del settimo secolo profondamente sconosciuto. R. Stephen Humphreys scrivendo la Storia Islamica: Una cornice per un’inchiesta (1988) ha coincisamente sintetizzato la questione con cui gli storici si confrontano nello studiare l’Islam. Se in nostro obiettivo è di comprendere il modo in cui i musulmani del tardo II°/VIII° e III°/IX° secolo (calendario islamico/calendario cristiano) capirono le origini della loro società, allora si è proprio ben messi. Ma se lo scopo è di trovare “ciò che realmente accadde” in termini di risposta attendibilmente documentata alla moderna questione circa le iniziali decadi della Società islamica, allora siamo nei guai. La persona che più di ogni altra ha scrollato gli studi Koranici nelle due passate decadi è John Wansbrough, ex professore alla Scuola di studi orientali e africani della Università di Londra. Puin sta “ri-leggendolo ora” nel momento in cui si prepara ad analizzare i frammenti yemeniti. Patricia Crone ammette che con Michael Cook “non disse molto circa il Corano ne l’Hagarsimo che non fosse fondato su Wansbrough. “Altri studiosi ammirano meno, riferendosi al lavoro di Wansbrough in quanto “drasticamente ostinato (nell’errore); “ferocemente opaco; e una “colossale illusione”. Ma piaccia o no, chiunque, oggi, sia impegnato nello studio critico del Corano deve misurarsi con i due maggiori lavori di Wansbrough – Studi Koranci: Fonti e metodi della interpretazione scritturale (1977) e L’ambiente settario: Contenuto e composizione della storia della salvezza islamica (1978). Wansbrough ha applicato al testo Coranico un intero arsenale di quello che ha chiamato “Tecniche e strumenti” della critica biblica – critica della forma, critica della fonte, e molto di più – Ha concluso che il Corano si è sviluppatone solo gradualmente nei secoli settimo e ottavo, nel corso di un lungo periodo di trasmissione orale quando le sette di Giudei e di Cristiani si confrontavano l’un l’altra volubilmente a Nord de La Mecca e di Medina in quelle che ora sono parte della Siria, Giordania, Israele ed Iraq. La ragione per la quale nessuna fonte materiale Islamica del primo secolo o giù di lì è sopravvissuta, conclude Wansbrough, è perché non e mai esistita. Per Wansbrough la tradizione Islamica è un esempio di ciò che è noto agli studiosi biblici come una “Storia della salvezza”: Una storia stimolata evangelicamente e teologicamente circa le origini di una Religione inventata al tramonto di una giornata e proiettata indietro nel tempo. In altre parole , come Wansbrough pone ne il Studi Koranci , la canonizzazione del Corano – e la tradizione Islamica che sorse per spiegarla – coinvolse l’attribuzione di diversi, parzialmente sovrapponenti, raccolte di logia [(esibenti un marchio distintamente Mosaico), (ovvero da Mosè n.d.t.)] ad immagine di un profeta biblico (modificato dal materiale dell’evangelium di Maometto in un uomo arabo di DIO) con un tradizionale messaggio di salvezza (modificato dall’influenza del Rabbinsismo Giudaico nella non mediata ed immutabile parola di DIO). Le teorie arcane di Wansbrough sono state contagiose in certi circoli di studiosi, ma comprensibilmente molti musulmani le hanno trovate profondamente offensive. S. Parvez Manzoor, per esempio, ha descritto gl istudi Koranici di Vansbrough e di altri come “uno scoperto discorso di potere” e “un scoppio di vandalismo psicopatico”. Ma nemmeno Manzoor dibatte di un ritiro dall’impresa di critica degli studi Koranici; al contrario egli preme i musulmani a sconfiggere i revisionisti occidentali sul “campo di battaglia epistemologico” ammettendo che “prima o poi (noi musulmani) dovremo approcciare il Corano con assunzioni metodologiche e parametri radicalmente in disaccordo rispetto a quelli consacrati fin qui dalla nostra tradizione.
Revisionismo nel mondo islamico
In verità, per più di un secolo ci sono state figure pubbliche nel mondo Islamico che hanno tentato uno studio revisionistico del Corano e della storia Islamica – il professore esiliato egiziano Nasr Abu Zaid no è unico. Forse il predecessore più famoso di Abu Zaid è stato Taha Hussein, prominente ministro del governo egiziano, professore universitario e scrittore. Hussein, un modernista determinato, nei primi anni 20, si dedicò alo studio della poetica Araba pre Islamica e finì per concludere che molto di quel corpo di lavoro fu costruito ben dopo lo stabilirsi dell’Islam e al fine di conferire sostegno alla mitologia Koranica. Un esempio più recente è dato dal giornalista e diplomatico iraniano Alì Dashiti che nel suo Ventitré Anni: Uno studio della Carriera Profetica di Maometto (1985) ripetutamente rimproverò ai suoi compagni musulmani l’attitudine di non contestare i tradizionali resoconti della vita del Profeta Maometto, molti dei quali egli definì “Costruttori di miti e Commercianti di miracoli” Abu Zaid cita anche Muhammad ‘Abduh come un precursore enormemente influente. Abduh, il padre del modernismo egiziano nel diciannovesimo secolo A.D., intravide il potenziale per una nuova teologia islamica nelle teorie del nono secolo A.D. di Mu’tazils. Le idee del Mu’tzalis guadagnarono popolarità in alcuni circoli musulmani agli inizi di questo secolo (il secolo XX appena terminato n.d.t.) (conducendo l’importante scrittore e intelletuale egiziano Ahmad Amin a rimarcare nel 1936 che “L’insuccesso di Mu’tzalism è stato la più grande sciagura che abbia colpito i musulmani; essi hanno commesso un crimine contro se stessi). Il tardo Fazlur Rahman, studioso pakistano, ha portato la torcia Mu’tazilita ben dentro la nostra era; Egli spese gli ultimi anni della sua vita, dal 1960 al 1988, vivendo ed insegnando negli USA, dove egli ha istruito molti studenti dell’Islam – sia musulmani che non – nella tradizione Mu’tazilita. Una tale opera non è sorta, comunque, senza un costo: Taha Hussein, come Abu Zaid, fu dichiarato apostata in Egitto; Alì Dashiti morì misteriosamente subito dopo la rivoluzione iraniana; e Fazlur Rahman fu obbligato a Lasciare il Pakistan nel 1960. I musulmani interessati a contestare la dottrina ortodossa devono procedere attentamente “Vorrei far uscire il Corano da questa prigione” Abu Zaid disse della ostilità islamica prevalente alla reinterpretazione del Corano a beneficio della era moderna, “cosicché una volta ancora diventi produttivo per l’essenza stessa della cultura e delle arti che sono oggi strangolate nella nostra società” Malgrado i suoi molti nemici in Egitto, Abu Zaid può molto bene progredire verso i suoi obiettivi; vi sono indicazioni che i suoi lavoro sono largamente, sebbene quietamente, letti con interesse nel mondo arabo. Abu Zaid dice, per esempio, che il suo I Concetti del testo (1990) – il libro largamente responsabile del suo esilio dall’Egitto – ha subito almeno otto stampe clandestine al cairo e a Beirut. Un altro studioso con una vasto seguito di lettura che è impegnato a riesaminare il Corano è Muhammad Arkoun, il professore algerino all’Università di Parigi. Arkoun ha dibattuto in Letture del Corano (1982) per esempio, che “ è il momento (per l’Islam) di assumersi, insieme alle grandi tradizioni culturali, i rischi moderni della conoscenza scientifica” e ha suggerito che “il problema della autenticità divina del Corano può servire a riattivare il pensiero islamico e ad impegnarlo nei maggiori dibattiti della nostra era” Arkoun si rammarica del fatto che la maggior parte dei musulmani sono inconsapevoli che esistono differenti concezioni del Corano all’interno della loro propria tradizione storica. Arkoun ed altri dibattono, è una opportuna di contestare l’ortodossia Mssulmana dall’interno, piuttosto che dover dipendere da fonti esterne “ostili”. Arkoun, Abu Zaid, e altri sperano che questa contestazione possa alla fine condurre a niente altro che un rinascimento islamico. L’abisso che separa queste teorie accademiche dalla pratica giornaliera dell’Islam nel mondo è enorme, ovviamente – la maggioranza dei musulmani oggi non sono probabilmente inclini a questionare la comprensione ortodossa del Corano e della storia islamica. Tuttavia l’Islam è diventato una delle grandi religioni del Mondo in parte a causa della sua apertura ai cambiamenti sociali e alle nuove idee. (Secoli fa, quando l’Europa era sprofondata nella sua epoca buia, i saggi della fiorente civilizzazione islamica aprirono un’epoca di grandi scoperte scientifiche e filosofiche. Le idee degli abtichi Greci e Romani non sarebbero mi state introdotte in Europa se gli storici e filosofi islamici non le avessero riscoperte e rivitalizzante) La sua propria storia dell’Islam mostra che la prevalente concezione del Corano non è stata la sola ed essere esistita, e la recente storia della cultura biblica mostra che non tutti gli studi critico-storici di una sacra scrittura sono antagonistici. Essi invece possono condotto con lo scopo di una rigenerazione culturale e spirituale. Essi possono, come Arkoun pone, demistificare il testo e al tempo stesso riaffermare “la rilevanza delle sue più grandi intuizioni”. Nei prossimi decenni, inevitabilmente, verranno proposte una quantità progressivamente crescente di nuove interpretazioni del Corano, con il continuo dissolversi delle tradizionali distinzioni culturali tra Oriente e Occidente o tra Nord e Sud del Mondo, con il crescere della popolazione mussulmana mondiale, con il rinnovato e continuato scrutinio delle fonti storiche, con l’incontro del femminismo con il Corano.
Insieme alle diversità di interpretazioni arriverà anche un aumento della frazionismo, forse intensificato dal fatto che l’Islam ora è presente in una grandissima varietà di ambienti culturali e sociali – Bosnia, Iran, Malaysia, Nigeria, Arabia Saudita, Sud Africa, USA e così via. Oggi più che mai, chiunque desideri che desideri capire problemi globali ha bisogno di capire la civilizzazione islamica, in tute le sue permutazioni . Sicuramente il miglior modo per cominciare è con lo studio del Corano – che promette negli anni a venire di essere contenzioso, affascinante e importante allo stesso modo di come lo fu lo studio della Bibbia.
Toby Loester
Photocredit: "L1002431" by Mohamed Nanabhay is licensed under CC BY 4.0.